ANNO 14 n° 119
Peperino&Co.
Centro storico e degrado
>>>> di Andrea Bentivegna <<<<
12/09/2015 - 00:01

di Andrea Bentivegna

VITERBO - In questi ultimi giorni il tema della sicurezza è tornato prepotentemente di attualità. Gli eventi di Santa Rosa hanno riacceso le polemiche e si è tornati a parlare di non meglio precisate “misure straordinarie” che rendano Viterbo e il suo centro più sicuri e controllati.

Premesso che le considerazioni su quanto è accaduto spettano ovviamente alle autorità credo tuttavia sia opportuno fare delle considerazioni di carattere più generale osservando alcune trasformazioni che, seppur lentamente, stanno avvenendo sotto i nostri sguardi.

La città che fino a poco tempo fa viveva altrove la sua quotidianità, negli ultimi anni ha finalmente riscoperto la bellezza del proprio cuore storico tornando a popolarlo sopratutto di sera. Questo fenomeno rigenerante e da tempo invocato ha però prodotto gli inattesi effetti collaterali che sono sotto gli occhi di tutti. Non sto parlando specificamente degli ultimi episodi ma di una situazione generale e quotidiana che non si può più far finta di non vedere: sporcizia, inciviltà, disordini e una diffusa sensazione di disagio da parte dei residenti. Non è un problema di ordinanze e divieti ma piuttosto un ben più allarmante disprezzo per le più banali regole del vivere civile.

Le istituzioni e, a maggior ragione i cittadini, sembrano inermi di fronte a questa situazione e così molti, esasperati, ricorrono ad una sorta di autodifesa. Fateci caso, passeggiando per le vie, stanno diventando sempre più frequenti delle misure protettive della propria porzione di spazio pubblico. La lista è lunga e si va dalle telecamere, alle inferiate, senza dimenticare i riflettori che illuminano gli angoli bui delle strade o addirittura veri e propri cancelli che impediscono agli estranei di sedersi sui gradini delle abitazioni. Le panchine poi stanno sparendo e seguiranno forse lo stesso destino dei bagni pubblici: nell’oblio perché ritenuti ormai portatori di degrado quando, solo fino a pochi anni fa, erano giustamente considerati un servizio minimo essenziale per ogni città civile.

Insomma lo spazio pubblico, che per definizione dovrebbe appartenere a tutti, è ormai tacitamente trattato da troppi come luogo di nessuno e sinonimo di impunità e anonimato.

E’ evidente che ci troviamo di fronte ad un fenomeno complesso che non può essere risolto con una ordinanza o una recinzione, e anche queste azioni non faranno che spostare altrove il problema senza però risolvere nulla. La questione andrebbe affrontata invece con tutta una serie di interventi complessi ma, ancor prima, non si può prescindere da una constatazione di carattere urbanistico: il centro storico, o almeno una parte significativa di esso, è ormai un quartiere mono-funzionale. Non è colpa dei locali, che anzi hanno molti meriti, quanto piuttosto di tutto il resto che sta scomparendo. I residenti sono sempre meno, il commercio è in difficoltà e le strade si riempiono sì ma solo la sera e di gente che consuma i propri drink per poi andarsene. Il tessuto sociale, la vera ricchezza di ogni città, si sta sgretolando e questo sembra oggi avvenire paradossalmente in centro molto più rapidamente che altrove.

Negli anni ’70 l’americana Jane Jacobs propose un’ interessante saggio analizzando la questione da un differente unto di vista, scriveva infatti: “La prima cosa da capire è che l’ordine pubblico nelle strade e sui marciapiedi della città non è mantenuto principalmente dalla polizia, per quanto questa possa essere necessaria. Esso è mantenuto da una complessa e quasi inconscia rete di controlli spontanei e di norme accettate e fatte osservare dagli abitanti stessi. In molte strade con rapido cambio di popolazione, ad esempio, il mantenimento della legge e dell’ordine sui marciapiedi è affidato quasi interamente alla polizia: ebbene queste zone sono vere giungle, perché non c’è polizia che basti a garantire la civile convivenza una volta che siano venuti meno i fattori che la garantiscono in modo normale e spontaneo”.

Queste considerazioni dicono il vero e Viterbo, come molti altri posti del mondo, ne sono la prova. Il centro storico deve tornare ad essere popolato, vissuto, frequentato e soprattutto abitato, solo così si può favorire un senso civico diffuso. Ciò che accade oggi è invece il preoccupante fenomeno opposto in cui la gente esasperata sceglie di vivere altrove trasformando le vie solo in locali per il sempre più spesso incontrollabile svago notturno.





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